The Passenger - Islanda by AA.VV

The Passenger - Islanda by AA.VV

autore:AA.VV.
La lingua: ita
Format: azw3, mobi
editore: Iperborea
pubblicato: 2018-06-12T22:00:00+00:00


FONDERIE D’ISLANDA

La prima fonderia di alluminio d’Islanda viene costruita a Straumsvík nel 1969 a opera di Alusuisse (oggi Rio tinto-Alcan). Nel 1998 vede la luce il secondo impianto, di proprietà della Century aluminum (oggi una sussidiaria della Glencore, controverso gigante minerario anglo-svizzero), che si trova a Hvalfjörður nei pressi di Reykjavík. La terza fonderia, la più discussa, è sorta a Fjarðaál, nell’Est del paese. È il frutto dell’accordo tra l’americana Alcoa e lo stato islandese, che in funzione di questo stabilimento ha eretto la diga di Kárahnjúkar.

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Quando l’Islanda divenne cristiana un migliaio di anni fa, nell’anno 1000, i poeti islandesi ebbero qualche problemino. La popolazione credeva negli dèi pagani fin da tempo immemore e all’epoca nel paese esisteva una fortissima tradizione poetica: i poeti navigavano verso la Norvegia e componevano poesie di elogio dei sovrani secondo il rigido metro nordico. Come ricompensa, ricevevano navi o anelli d’oro, e naturalmente grandi onori. Ma la lingua della poesia era diversa da quella quotidiana. Il linguaggio poetico si basava sulla mitologia nordica. In una poesia, l’eroe non navigava l’oceano, ma «cavalcava il suo cavallo marino». Non si diceva «terra» in una poesia, ma «sposa di Odino». E non si sarebbe mai detto «cielo», ma «elmo dei nani», in accordo con la visione politeistica del mondo. Come potrebbe un poeta cristiano scrivere su Dio – creatore del cielo e della terra – quando la tradizione poetica lo costringerebbe a chiamarlo dio creatore della sposa di Odino e dell’elmo dei nani? I primi poeti che scrissero su Dio furono davvero in difficoltà. I due mondi collidevano. Non si poteva dire Gesù senza dire Odino e riferirsi al mondo delle divinità norrene. Ci vollero decenni – se non secoli – perché il nuovo modo di pensare venisse assorbito. Ci volle tempo per adottare nuove leggende, nuove metafore, nuove espressioni. Queste cose non succedono dall’oggi al domani. È difficile per noi ora capire che un tempo idee come peccato, grazia e pietà erano neologismi, che concetti come Gesù e crocifisso non evocavano riferimenti simbolici ma erano visti solo come una successione di lettere.

E così si possono sempre trovare dei terreni dove sottovalutiamo la lingua, dove le nostre possibilità di espressione sono limitate, spesso a nostra insaputa. Non mi riferisco necessariamente alla lingua islandese, ma alle lingue in generale.

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Libertà e indipendenza sono idee che diamo per scontate. È perfino considerato naturale lanciare bombe in giro per il mondo per portare ai popoli libertà e indipendenza. L’Islanda è stata sotto il dominio reale norvegese e poi danese fino al 1944, quando abbiamo ottenuto l’indipendenza. Alle elementari mi hanno insegnato che il popolo islandese aveva vissuto seicento anni sognando la libertà, ma che la nazione era stata oppressa e frenata da sovrani avidi. Vietavano di fare affari con chiunque, tranne che con i mercanti monopolisti danesi che sfruttavano la gente. Nell’estate del 1809, si verificò in Islanda una bizzarra rivoluzione. Un mercante britannico di sapone voleva commerciare con gli islandesi, ma il governatore danese glielo vietò. Il mercante allora reagì



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